COME INIZIARE A CORRERE IN TARDA ETA’ E TRIONFARE A CORTINA
La storia di Fabien Antolinos è molto breve: compiuti i trent’anni scopre il trail running e dopo dieci anni di gare, si presenta al via della Lavaredo Ultra-Trail 2017, e la vince.Una chiacchierata per scoprire i segreti di un ultrarunner, che ama la montagna e sogna il Monte Bianco
“Non è mai troppo tardi” è stata una felice trasmissione della televisione del dopoguerra che ha consentito a molti italiani di imparare a scrivere e a leggere. Rivolta ad adulti analfabeti è stata un messaggio di speranza, e allo stesso tempo di stimolo, per una ampia fetta di popolazione a non arrendersi e raccogliere la nuova sfida della lettura. E un po’ è andata così anche per Fabien Antolinos, il francese che un mese fa ha vinto la The North Face Lavaredo Ultra Trail, dominando i suoi 120 chilometri con 5.800 metri di dislivello. Il quarantenne Fabien, per dirla nella sua lingua, ci è sembrato un parvenu del running, nome poco noto al di qua delle Alpi, ma indagando sul suo passato si scopre una bella storia da raccontare, proprio da quel “non è mai troppo tardi” che sono stati i suoi primi passi. “Si in effetti sono arrivato alla corsa un po’ tardi, avevo 31 anni – ci confessa Fabien, in una chiacchierata nel dopo gara – fino ad allora giocavo a calcio e scalavo in montagna: adoro le scalate di ghiaccio”. E così quando l’anagrafe di porta verso gli “enta” si misura in un paio di maratone su strada, ma evidentemente senza grandi entusiasmi, fino a quando scoppiò la scintilla che fece fare al francesino (pesa una sessantina di chili per 1.70 di altezza) la grande svolta. “Nel 2008 mi iscrivo alla Saintelyon, una storica gara della mia regione che si tiene a dicembre e che unisce i 72 chilometri tra Saint Etienne e Lione, e la vinsi! – sorride mentre lo racconta, perché in fondo il
primo a esserne sorpreso fu proprio lui – e lì ho capito di avere delle discrete potenzialità nel trail running, anche se necessitavo di fare esperienza perché gli ultimi chilometri prima di giungere a Lione ho sofferto di crampi come mai in vita mia”. Ed anche esperienza di gara, perché nel racconto Fabien dice di aver corso in modo spregiudicato in faccia a corridori bel noti e che volevano vincere la più vecchia gara di trail francese, con oltre 60 edizioni e ben 10.000 partecipanti. “Presi un sacco di rischi, ma ne valse la pena” e questa volta ride di gusto.
Da allora la vita di Fabien prese la una “brutta” piega: “Si dici bene, perché poi il trail running ti prende e ti coinvolge – qui si illumina gli occhi – a me piace la montagna e sono attirato dagli spazi ampi, dalla vastità, magari da attraversare di corsa, per chilometri e chilometri … “, ma poi anche lui come noi deve conciliare la vita del runner e dei suoi allenamenti con la quotidianità di essere sposato e padre di due ragazzi e, metterci pure un lavoro come professore di eduzione fisica in una scuola secondaria di Lione. “My timetable is very tight” ci dice in un buon inglese. Chiaro, l’agenda della giornata è sempre bella piena: “Ogni minuto è prezioso”. E quindi quanto si allena un vincitore della LUT? “Nel mio caso faccio dalle sette alle 12 uscite settimanali, in base al periodo dell’anno arrivo anche a 35 ore e 150 chilometri la settimana, e poi mettici che spesso mi alleno in bici, scio durante l’inverno e vado in palestra per un po’ di potenziamento – prosegue Fabien – insomma, difficile trovarmi seduto sul divano!”. Beh, questo lo avevamo capito, quello che invece ci sfugge è dove trova l’energia: “Adoro in confronto con gli altri, il combattimento quasi come un ‘corpo a corpo’ in una gara è la mia ispirazione”.
Alla fine capiamo che ci troviamo di fronte a una persona normale ma che si trasforma in macchina da guerra non appena indossa un pettorale: “Certamente la LUT rappresenta uno dei miei più prestigiosi successi, ma ci metto anche il quinto posto alla UTMB del 2015 e il settimo alla Madeira Island Ultra Trail” che poi, intorno a una tazza di caffè, ci confida essere i suoi consigli se qualcuno volesse misurarsi in trail epici “… e dimenticavo: in tutto questo mio correre a destra e a sinistra, consumo una decina di scarpe l’anno”. Giusto, parliamo di scarpe, l’attrezzo che nel trail è spesso determinante nella buona riuscita di una gara.
E ai piedi un paio di Mizuno Wave Daichi.
“Come runner, la prima cosa che guardo è il drop (la differenza fra l’altezza del tallone e quella dell’avampiede, ndr) ma anche che la scarpa consenta un buon dinamismo – descrive in modo preciso e puntuale – e poi deve essere leggera ma solida. E ultimo punto, ma forse dovrebbe essere il primo, che la suola abbia sia strong su terreni abrasivi”. Alla Lavaredo Ultra Trail 2017 Fabien Antolinos ha indossato le Mizuno Wave
Daichi equipaggiate con suola Michelin: Daichi è un termine giapponese che significa “terra”, un nome per la scarpa che garantisce la possibilità di muoversi su tutti i sentieri del mondo. Trazione e stabilità constanti su diversi terreni, in particolare sul fango, sono affidate alla suola Michelin G-Adaptive, ispirata allo pneumatico da mountain bike Cyclocross Mud 2. “La suola ha un design a micro-tasselli con diverse
angolature che agevolano l’aderenza su terreni irregolari e mi hanno offerto trazione in tutte le condizioni meteo” commenta Fabien. Inoltre, l’intera suola è segnata da una profonda scanalatura a X, elemento alla base della struttura XtaRide di MIZUNO, che permette alla scarpa di adattarsi alle
discontinuità del terreno e lavorare in armonia con il corpo di chi la indossa. “Sono davvero soddisfatto delle mie Mizuno: con questo paio ho corso da aprile circa 400 chilometri in gare anche molto difficili, come quella di Madeira, ma anche sulle Alpi francesi, e le trovo estremamente comode e affidabili – sottolinea Fabien – perché non sai mai esattamente che tipo di terreno trovi in una gara”. E si sa che una gara, soprattutto un ultra trail, nasconde mille insidie nel terreno ma anche mille opportunità di scelte tattiche. “Vero. Alla LUT, per esempio, mi trovavo a un minuto e mezzo dietro all’americano Seth Swanson, e così al km 113 ho deciso di non fermarmi al ristoro e rischiare il tutto per tutto: l’ho preso e superato, e a Cortina ho vinto con due minuti di vantaggio”. Ecco svelato un altro trucco: quello di non fermarsi all’ultimo ristoro, anche se poco consigliabile.
Fabien lascia l’Italia dopo aver scritto a quarant’anni il proprio nome nell’albo d0oro di una delle più prestigione gare off-road dell’arco alpino, pensando già al prossimo obiettivo alla Tromso Skyrace in Norvegia, “ma prima vorrei salire il Monte Bianco con ramponi e piccozza, non l’ho mai fatto”. Già, non è mai troppo tardi neanche per conquistare la vetta più alta d’Europa.
[articolo pubblicato su gazzetta.it il 13.07.2017]
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